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Mercati emergenti, in arrivo una nuova ondata di fallimenti

Economia
Mercati emergenti, in arrivo una nuova ondata di fallimenti
(Teleborsa) - L'aumento dei tassi d'interesse globali potrebbe indurre una nuova stretta creditizia nei mercati emergenti. Valutando questo rischio il Fondo Monetario Internazionale ha messo in guardia che le imprese che hanno contratto debiti con l’ondata di denaro a buon mercato, potrebbero andare in crisi.

I debiti delle imprese non finanziarie nelle economie dei mercati emergenti, sono quadruplicati dai 4 trilioni di dollari del 2004, agli oltre 18 trilioni del 2014, come riporta l’FMI nel suo secondo report semestrale, Global Financial Stability Report.

Le imprese cinesi hanno sicuramente allargato il debito mondiale, ma anche le imprese di altri paesi, come Turchia, Cile e Brasile, hanno visto lievitare le loro posizioni debitorie, tanto da prestare il fianco a nuove crisi se i tassi di interesse dovessero salire.

Con la Federal Reserve in prima linea sul fronte tassi, il Fondo Monetario Internazionale ha avvertito che i governi dei mercati emergenti dovrebbero tenersi pronti a sostenere l’urto di una nuova ondata di fallimenti, per il semplice fatto che le imprese avrebbero grosse difficoltà a sopportare un forte incremento dei costi di finanziamento.

Ciò potrebbe creare disagio tra le banche locali, che hanno acquistato gran parte di questo nuovo debito, orientandole verso un nuovo credit crunch, con la creazione di un circolo vizioso simile a quello della crisi del credito del 2008-09.

"Uno shock al settore corporate potrebbe rapidamente propagarsi al settore finanziario e generare un meccanismo perverso, in quanto le banche taglierebbero i prestiti. La diminuzione dei prestiti si verificherebbe quindi per una minore domanda aggregata e per la contrazione delle garanzie reali, riducendo ulteriormente l'accesso ai finanziamenti”, scrive nel report il Fondo monetario internazionale avverte.

Peraltro, gli economisti dell’FMI ritengono che il forte aumento dell'indebitamento è stato guidato in gran parte da fattori internazionali, fra i quali i tassi di interesse storicamente bassi e quantitative easing “scatenati” dalle banche centrali di Stati Uniti, Giappone ed Europa, per cercare di ravvivare la crescita sulla scia della crisi dei “subprime”.
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